EF Education First, Alberto Bettiol: “Mi perdevo e ascoltavo troppo me stesso. Ora devo ritrovare la spensieratezza”
Alberto Bettiol racconta le difficoltà dopo il trionfo al Giro delle Fiandre. Con la nuova stagione che si avvicina, per il corridore della EF Education First è ovviamente il momento di fare bilanci su una stagione speciale, in cui ha conquistato la prima vittoria della sua carriera, riportando l’Italia in cima al pavé dopo dodici anni dal trionfo di Alessandro Ballan. Un successo che gli ha fatto ovviamente alzare l’asticella, portando tuttavia con sé anche le difficoltà del caso, di trovarsi con nuove aspettative e pressioni da dover imparare a gestire. Una difficoltà che lo ha frenato, ma dalla quale ha anche saputo trarre insegnamento, anche su sé stesso.
“È cambiato qualcosa in me – ammette a Repubblica – Adesso sono io che mi pongo obiettivi e alzo l’asticella. Provo a migliorarmi o anche solo a mantenermi su questi livelli. Prima vivevo in una bolla e non sapevo dove potevo arrivare. Adesso lo so. So che posso tenere con i migliori e anche batterli. A volte mi sono sovraccaricato di pressione come è successo nella seconda parte di stagione, quando ho cominciato a pretendere troppo da me stesso. Pretendevo di riprovare le stesse sensazioni vissute quel giorno al Fiandre. Ma certe cose arrivano una volta ogni tanto”.
La parola chiave di quel successo era stata invece “la spensieratezza”, alla quale è seguita una seconda parte di stagione in cui ammette di aver “pensato troppo”. Una conseguenza per certi versi naturale, vivendo a pieno le conseguenze di un successo che lo ha portato ad attenzioni a cui non era abituato. “I commentatori mi vedevano ovunque in corsa appena spuntava un casco rosa – ricorda – Mi ricordo che sono tornato in Italia il lunedì sera. E il martedì mattina volevo andare in bici perché non ce la facevo più. Ma non ci sono riuscito. Mi fermavano tutti dalle macchine. Non potevo pedalare. Tutti si rivedevano in me. E per certi versi questo mi ha fatto ingelosire perché quella è stata la mia vittoria, della mia famiglia, dei miei compagni, della mia squadra”.
Una prima reazione alla quale ha saputo poi reagire in maniera più serena: “Dopo l’arrivo ho pianto, ma non volevo fare show. Era la prima volta. Queste sono le sensazioni più belle, quando vedi che una tua vittoria arriva alle persone e diventa di tutti”. Un cambiamento che sta cercando di portare anche in corsa: “Mi perdevo e ascoltavo troppo me stesso. E questo mi logorava. Se avessi avuto la stessa testa della Tirreno o del Fiandre, avrei fatto molto di più. Questo mi ha bloccato. Devo imparare a ricordarmi come ero prima”.
Si arriva così al 2020, in cui non ci sono obiettivi prefissati, ma ovviamente c’è la consapevolezza di dover puntare in alto, in termini di risultato, ma anche di costanza di prestazioni e risultato: “Per me sarebbe un’impresa vincere una delle grandi gare. Se ho vinto la più difficile, posso farcela anche con le altre. Per ora le ho corse tutti, tranne la Parigi-Roubaix. Posso provare a vincere la Milano-Sanremo. Oppure la Liegi-Bastogne-Liegi. L’ha vinta Gilbert col quale posso avere caratteristiche in comune. Ci posso provare in futuro. Ma devo crescere e migliorare. Sono giovane, devo trovare continuità”.
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